CENA SOLIDALE C/O MENSA ANTONIANO ONLUS - SALA "LABORATORIO DEL PANE"
Il Natale di Camera Civile di Bologna "A.Tabanelli" diventa gesto solidale
Accade che, nell’ambito di una diffida alla controparte riguardante la difesa ed esercizio di un proprio diritto, il Cliente chieda al proprio legale di specificare anche che la segnalerà e/o denuncerà alla Guardia di Finanza, asserendo che nasconde patrimoni o danari oppure svolge attività illecite ed irregolari.
Si tratta di un comportamento pericoloso per il Cliente e per il legale.
Infatti la rappresentazione della volontà di esercitare un diritto mediante una diffida è certo legittima e non ingiusta, ma può diventare una minaccia ingiusta ed illegittima, capace di integrare il delitto di estorsione o di tentata estorsione (art. 629 cp), a seconda che sia realizzato o meno un ingiusto profitto o vantaggio non dovuti: il delitto ricorre nel momento in cui l’inserimento della rappresentazione della volontà di presentare denuncia o segnalazione alla Guardia di Finanza, per asserite violazioni o irregolarità, è usata per realizzare un intento e uno scopo diverso da quello proprio del diritto che si rappresenta di voler esercitare in giudizio e segnatamente per realizzare la coartazione psicologica della controparte a dare una somma di danaro o altro bene o altra utilità ingiusta o non conforme a giustizia o non dovuti o anche di esser indotta a una transazione e/o conciliazione non volute.
In argomento: Cass. pen. nn. 5664/1974, 8731/1984, 7380/1986, 3380/1992, 39903/2004, 5300/2011, 36565/2013, 47895/2014, 5093/2018, GUP T. Rovigo 15/02/2017; T. Firenze 27/07/2017.
E’ possibile una perizia in sede di negoziazione assistita e, se si, è producibile nel successivo giudizio di merito?
Nel procedimento di disciplinato dal d.l. n. 132/2014 non è previsto da alcuna parte che sia possible espletare una perizia, a differenza di quanto dispone il d.l. n. 28/2010 nella Mediazione. E’ quindi possible espletare una perizia in sede di negoziazione assistita e, se sì, essa è produbile nel successive giudizio di merito, ove la negoziazione dia esito negativo?
Anche la riforma Cartabia non introduce alcuna novità al riguardo della possibilità di espletare una perizia in sede di negoziazione assistita, ma nulla vieta che, nella convenzione di negoziazione assistita, sia inserita dalle parti e per loro volontà anche la possibilità di espletare una perizia (cfr. SSM Negoziazione assistita in materia civile: casi e questioni – Michele Ruvolo – Giudice Tribunale di Palermo). Saranno poi le stesse parti e i loro avvocati a disciplinare nella stessa convenzione di negoziazione assistita se l’eventuale perizia sia producibe in giudizio ed entro quali limiti.
E’ producibile nel successivo giudizio di merito la perzia svolta nel procedimento di mediazione?
Nel procedimento di Mediazione è prevista la possibilità di servirsi di un consulente tecnico nel caso la questione portata in mediazione richieda particolari conoscenze tecnico scientifiche. Ci si chiede se la perizia eventualmente svolta in Mediazione sia poi utilizzabile nel giudizio di merito che consegue al caso in cui la Mediazione fallisca, dato che il procedimento di mediazione impone l’obbligo di riservatezza e di segretezza sulle dichiarazioni rese dalle parti o le informazioni acquisite.
La giurisprudenza maggioritaria si è orientata nel senso di ammettere la producibilità della perizia svolta in mediazione, quale prova atipica, purché svolta da consulente iscritto negli albi del Tribunale, con il rispetto del principio del contraddittorio e con la limitazione agli aspetti tecnico scientifici, quindi epurata delle eventuali dichiarazioni delle parti ed informazioni rese nel corso della mediazione, a meno che non sia stata autorizzata dalle stesse parti la disclosure di tali dichiarazioni e informazioni (T. Roma, Sez. XIII, 17/03/2014, dr. M. Moriconi; T. Parma, Sez. I, 13/03/2015; T. Roma, Sez. XIII, 16/07/2015; T. Bari, 03711/2015; T. Ascoli Piceno, 04/04/2016; T. Lecco 19/09/2018 e 19/02/2019; T. Ascoli Piceno 18/10/2018; T. Roma n. 1094/2022). La riforma Cartabia di cui al d.lgs. n. 149/2022, avente decorrenza dal 30/06/2023, ha disposto poi che la perizia in mediazione può essere acquisita all’eventuale giudizio successivo se vi è consenso delle parti e che, sempre se vi è consenso delle parti, possono essere acquisite anche le dichiarazioni delle parti e le informazioni coperte da segretezza e riservatezza. Il nuovo art. 8, comma 7, disporrà infatti che “Il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. Al momento della nomina dell’esperto, le parti possono convenire la producibilità in giudizio della sua relazione, anche in deroga all’articolo 9. In tal caso, la relazione è valutata ai sensi dell’articolo 116, comma primo, del codice di procedura civile.
Il quesito è l’occasione per portare alcuni chiarimenti. Come noto l’art. 75 disp att. cpc prevede che il difensore deve depositare la nota delle spese analitica al momento del passaggio della causa in decisione. Diverse norme, anche sparse nel cpc, prevedono che il Giudice provveda a liquidare le spese del procedimento (art. 91 ss cpc e ad es. art. 641 u.c. cpc). Quindi anche in mancanza di deposito della nota spese il Giudice provvede alla liquidazione. I parametri di liquidazione di cui al DM n. 55/2014 e succ.ve mod. e int.ni (l’ultima modifica di cui al DM 147/2022 decorre dal 23/10/2022) hanno semplificato le vecchie tariffe forensi (DM 127/2004 e precedenti), prevedendo importi minimi-medi-massimi di liquidazione dei compensi per fasi di attività (studio-introduttivatrattazione/istruttoria- decisionale), in luogo degli importi previsti delle precedenti tariffe per singole voci analitiche per ciascuna attività svolta, ripartite inoltre per competenze e onorari. Ciò premesso, appare utile evidenziare alcuni principi generali che possono orientare in materia di liquidazione delle spese legali da parte del Giudice e di opportunità del deposito della nota spese:
E’ noto che con circolare 20/09/2022 il Ministero della Giustizia ha indicato che l’avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi, da notificare al terzo e al debitore, previsto dal novellato art. 543 cpc, è atto che completa e perfeziona la procedura del pignoramento da parte dell’UU.GG e quindi deve essere compiuta da quest’ultimo su istanza del creditore procedente da portare all’Ufficio NEP, pagamento le relative indennità di trasferta. Questa circolare ha suscitato le proteste degli avvocati e del CNF perché la norma prevede che il creditore procedente proceda alla notifica e perché si tratta di un avviso di iscrizione a ruolo di un pignoramento già eseguito, che quindi non perfeziona alcunché, essendosi già perfezionato l’atto di pignoramento, pienamente efficace dall’intervenuta notifica; inoltre, anziché semplificare e rendere meno gravosa l’attività degli avvocati e la soddisfazione di un credito, la complica ed onera di nuovi balzelli, senza considerare la cronica carenza di strumenti degli Uffici NEP, privi di possibilità in molti casi di notifiche Elettroniche. Finalmente una comunicazione del 02/11/2022 del Presidente del Tribunale di Milano, III Sezione Civile, rende noto l’orientamento unanime dei Giudici dell’Esecuzione meneghini secondo cui l’avviso non è atto di esecuzione forzata e non va necessariamente compiuto dagli UUGG, ma può esser compiuto dall’avvocato. D’altra parte la circolare Ministeriale ha valore puramente interno, come chiarito dallo stesso Ministero con propria nota 08/11/2022 in punto, sembrando quasi voler ammettere l’errore interpretativo. Comunque sia, non è dato ancora sapere se questo orientamento, sul quale concordiamo, si estenderà o è già esteso ad altri Fori, presso i quali ferve il dibattito. A scanso di equivoci e di rischi, la condotta più prudente è ancora quella di fare l’avviso di iscrizione a ruolo sia come avvocato del creditore procedente, sia a mezzo UUGG, fino a definitiva soluzione del contrasto interpretativo.
Il minore convenuto in un processo è generalmente citato in persona dei genitori, che ne sono i rappresentanti legali
Quando, per qualsivoglia motivo, mancano i rappresentanti legali anche solo temporaneamente e sussistono ragioni d’urgenza, l’art. 78 cpc prevede che possa essere nominato un curatore speciale (anche direttamente da parte del Giudice del processo pendente, secondo l’ultima formulazione dell’art. 80 cpc).
Generalmente la nomina ricade su un avvocato, anziché su soggetto privo dell’abilitazione alla difesa tecnica, dato che l’interesse del minore è quello della difesa tecnica nel processo in cui è stato convenuto e l’avvocato nominato assomma in sé la rappresentanza legale e quella tecnica.
Ciò anche per ragioni di economia, dato che un soggetto diverso dovrebbe a sua volta nominare un avvocato, con conseguente duplicazione di costi e procedure.
Ma, ciò premesso, chi paga il curatore speciale nominato?
Data l’evoluzione in corso della normativa sul curatore speciale e l’assenza di interpretazioni univoche, si possono svolgere alcune riflessioni e indicare orientamenti. Invero l’avvocato nominato curatore speciale non è considerato un ausiliario del Giudice, ma un mandatario dei rappresentanti legali del minore citato in giudizio, cioè dei genitori, che svolge un’attività nell’interesse loro e del minore: se i genitori non mancassero, incaricherebbero comunque un avvocato, che dovrebbero pagare, e la nomina da parte del Giudice non fa altro che sostituirsi a loro, in tale nomina, perché assenti. Ne discende che i genitori devono pagarlo (in questo senso T. Torino 5/2/2021; T. Reggio Emilia 27/7/2021). Tuttavia può capitare anche che i genitori siano in posizione di controparte del minore, o in posizione di semplice conflitto di interessi con il minore, anche solo potenziale, nel giudizio in cui è convenuto. Onerarli del pagamento comporterebbe che una parte (i genitori) finirebbe per pagare l’avvocato della controparte (il minore), non solo una contraddizione in termini, ma anche una potenziale fonte di inadeguata tutela del minore, oltre che di incompatibilità e responsabilità deontologiche per l’avvocato nominato curatore. Nella stragrande maggioranza di questi casi il minore non avrà redditi e il curatore potrà chiedere l’ammissione al gratuito patrocinio, per la quale non rilevano i redditi dei genitori conviventi con il minore, ove in conflitto di interessi (art. 76 TU n. 115/2002). Ma, se invece (ipotesi più rara ma possibile) il minore ha redditi e non può fruire del gratuito patrocinio? Allora è immaginabile che l’avvocato curatore speciale non potrà che farsi corrispondere il compenso con i redditi e il patrimonio del minore dai suoi rappresentanti legali, cioè i genitori. Diversamente il suo ufficio non troverebbe compenso e sarebbe gratuito e munifico.
Come e a chi deve fatturare un avvocato che ha difeso un soggetto e ha ottenuto la distrazione dei compensi e delle spese a carico della parte soccombente?
La domanda offre lo spunto per alcune indicazioni (sempre da verificare con l’ausilio del proprio commercialista). Premesso che la fattura va comunque intestata al proprio cliente, indipendentemente da chi effettua il pagamento (che comunque va indicato nella fattura, indicando chi è e ciò che paga), la Cassazione ha ritenuto più volte che l’iva vada addebitata solo se costituisce un costo per il proprio cliente e che comunque non può addebitarsi due volte o locupletarsi (Cass. 13659 e 2474/2012; Cass. 22279/2018). Sulla base di ciò, si possono estrarre allo stato le seguenti indicazioni (sempre previa verifica del proprio commercialista):
Discorso diverso a parte riguarda la ritenuta d’acconto, che comunque va operata da chi fa il pagamento se soggetto che vi è tenuto.
Il pignoramento mobiliare esattoriale presso terzi ex art. 72 bis dpr 602/1973 è eseguito direttamente dall’ente esattore (agenzia entrate – riscossione) con atto che ordina al terzo il pagamento diretto entro un termine (60 giorni) di quanto dovuto al debitore, entro i limiti variabili di legge, senza che vi sia una iscrizione a ruolo presso il Tribunale di un procedimento esecutivo presso terzi e senza che vi sia la fissazione di un’udienza di propalazione. Ciò crea il problema di stabilire come e dove proporre un’opposizione al pignoramento (che sia agli atti ex art. 617 o all’esecuzione ex art. 615), non avendo un giudice dell’esecuzione, un’udienza fissata, né un procedimento esecutivo.
In questi casi, almeno fino a nuove disposizioni e aggiornamenti, la prassi di diversi tribunali è che il debitore iscriva a ruolo il procedimento nel ruolo delle esecuzioni mobiliari del Tribunale competente, essendo competente per le opposizioni il Giudice delle esecuzioni, come se si trattasse di una iscrizione a ruolo del procedimento esecutivo ad opera del debitore ex art. 159 ter disp. att. cpc. Nella nota di iscrizione a ruolo, costituente l’atto principale telematico dell’iscrizione a ruolo, inserirà le descrizioni e le date risultanti nell’atto di pignoramento nei campi del precetto, del titolo, dell’udienza e del pignoramento, allegando il contributo unificato (attualmente € 98,00 + 27,00 di marca, come da circolare 15/06/2021 Min. Giustizia) e fra i documenti allegati, il ricorso in opposizione, quale file convertito in pdf e firmato digitalmente, oltre al mandato e ai documenti.
La Corte di Appello ha rigettato una istanza di sospensiva della sentenza impugnata, condannando con l’ordinanza di rigetto della sospensiva al pagamento della sanzione del doppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1 quater, dpr 115/2002, regolarmente pagata. In seguito, accogliendo l’appello con la sentenza finale, ha revocato la sanzione. A chi va rivolta l’istanza di rimborso della sanzione?
La questione è più unica che rara e non appare esservi una norma precisa che disciplini l’ipotesi ed indichi a chi va rivolta l’istanza di rimborso. Riguardando la normativa sul contributo unificato solo il contributo unificato e non la sanzione del doppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1, quater, DPR 115/2002, di cui destinatario finale è il Ministero della Giustizia, risulta anche da esperienza pratica che la domanda di rimborso non vada proposta all’Ufficio Giudiziario che ha comminato la sanzione e che l’ha poi revocata, né che vada proposta all’Agenzia delle Entrate territorialmente collegata ad esso, e tantomeno al Ministero di Grazia e Giustizia, ma piuttosto alla Cassa Ammende presso il Ministero della Giustizia, che ha autonomia giuridica al riguardo. Si consiglia quindi di formulare l’istanza a detta Cassa, allegando i provvedimenti che hanno prima imposto e poi revocato la sanzione, nonché l’attestazione dell’avvenuto pagamento.
Se in una mediazione ci sono più parti costituenti centri di interesse diverso e le questioni sono rivolte da alcune di esse ad altre, ma non nei confronti di tutte, è possibile un accordo parziale tra alcune delle parti oppure è necessario un accordo complessivo? Va redatto un unico verbale oppure vanno redatti distinti verbali?
In questi casi è possibile un accordo parziale tra alcune delle parti per le questioni tra loro insorte, atteso che, se così non fosse, si finirebbe per svilire la funzione deflattiva del contenzioso alla quale la mediazione è destinata e compromettere la volontà di composizione di un contenzioso di alcune parti per ragioni di altre, a loro estranee. Riguardo alla redazione del verbale di accordo è in teoria possibile redigere un unico verbale nel quale si dia atto dell’accordo tra tali parti per le questioni tra di loro insorte (verbale positivo) e del disaccordo invece delle altre sulle questioni tra loro insorte (verbale negativo), ma appare preferibile scindere i due verbali e scegliere la redazione di due verbali distinti (uno positivo ed uno negativo), anche per ragioni di riservatezza, dato che il verbale negativo è obbligatoriamente destinato ad esser prodotto avanti all’autorità giudiziaria nel successivo contenzioso, a differenza di quello positivo che esclude il contenzioso.